Tratto da "Be Bop a Lula 58"

Di Red Ronnie

Quando, mercoledì 7 ottobre, Beppe dei Nomadi mi ha svegliato per dirmi che Augusto era morto ho provato quasi un senso di liberazione Ho messo giù il telefono e non ho pensato a nulla. Non ho provato dolore, quello lo avevo prima, da quando avevo saputo. Avevo telefonato a Beppe per chiedergli perché i Nomadi avessero interrotto il tour e il Cantagiro e per sapere come stava Augusto, visto che si sapeva che le sue condizioni di salute non erano buone.
Beppe era restio a parlare, impegnato in una protezione totale dell'amico dal mondo esterno, visto che nulla poteva fare contro ciò che dilaniava Augusto nel suo interno. Già da quella prima telefonata ho capito che non c'era nulla da fare.
Gli ho proposto un intervento dell'Engel, della medicina naturale, ma era impossibile spostare ormai Augusto e, dopo che Beppe e Rosanna, la compagna di Augusto, hanno telefonato a Forlimpopoli, ho avuto la conferma anche dai medici che non c'era assolutamente più niente da fare. Un tumore ai polmoni. tre metastasi al cervello.
Inutile anche andare a trovarlo: "Non ti riconoscerebbe neppure , mi aveva detto Beppe. E avevo capito che lui, Rosanna e gli amici più intimi era-no raccolti attorno al suo letto e non speravano neppure più in un miracolo. Così, quando quella mattina ho alzato il telefono ed ho sentito la voce di Beppe, sapevo già cosa mi avrebbe comunicato. Ok, si era compiuto ciò che ormai era stato scritto.
Dopo un primo attimo di confusione, di tanti pensieri, mi é entrata dentro una serenità rilassante, al punto che mi sono riaddormentato. Finalmente era finita, finita la lotta impari e impossibile fra Augusto e quelle radici forti e ramificate che lo stavano riportando alla terra, permettendo allo spirito di liberarsi. Quando, il giorno dopo al funerale, un ragazzo mi ha mostrato il libro dell'ultima mostra di quadri che Augusto gli aveva regalato, ho visto nel dipinto in copertina, in quei cavalli risucchiati dalla roccia e trattenuti dalle radici, il male che lo ha ucciso. Augusto. nel suo in-conscio, lo sapeva e lo dipingeva quasi per esorcizzarlo, allontanarlo. Così non mi sono stupito quan-do, a casa di Beppe alcuni giorni dopo, lui mi ha mostrato un foglio che aveva trovato dopo la morte di Augusto in cui lui aveva scritto:
"A me la morte fa una gran paura. Si lasciano troppe cose che non si vedranno più, gli amici, la famiglia, le piante del parco che hanno quell'odore buono di resina, la gente che ho visto anche solo una volta. A me la morte fa una gran paura. Si lasciano troppi sorrisi, troppe mani, troppi occhi, I treni, le strade, quel sentieri dl montagna che portano ai rifugi, i mari che ho visto e che non ho mai attraversato."
Avevo chiesto a Beppe di trovarmi qualcosa di autografo scritto da Augusto perché avevo deciso di dedicargli la copertina del Be Bop. Stavamo cercando fra i testi e le foto, quando Rosanna, che era andata a casa per cercare il testo di "Ricordati di Chico", è tornata visibilmente emozionata. Aveva scoperto un foglio dove Augusto aveva scritto:
"Quando un male senza scampo colpisce il principe regnante, non vogliono si dica che il principe langue, che il principe é morto... Solo la morte ci fa aumentare di statura."
Era la prova che Augusto, almeno dentro di sé, sapeva. Avevano fatto di tutto per tenergli nascosta la realtà. Era da gennaio che tutti attorno a lui avevano avuto le diagnosi spietate. Beppe e Rosanna avevano fatto l'impossibile: visite, esami, anche in Francia. lì tour, proseguito per non farlo insospettire e anche perché, nonostante i medici non credessero ai propri occhi. Augusto si rigenerava sul palco. Al punto che il mese che gli avevano pronosticato ancora di vita, è arrivato a nove. Persino il lavoro sul disco nuovo, previsto tutti gli anni in primavera, era andato avanti. Però era evidente che Augusto sapeva, o forse aveva sempre saputo, anche anni prima. La morte c'è sempre stata nei testi che scriveva per i Nomadi:
"Fra un minuto Il giorno na-scerà e l'uomo che lo ero morirà. Amica mia. questa casa non é casa mia..." (Un giorno insieme)
Dopo tanto girare, tanto "fare", c'era in Augusto anche la stan-chezza: "Le mie gambe ormai sono stanche e vorrei dare un podi sonno agli occhi miei. Scende l'oscurità, c'é una casa più in là, il mio viaggio adesso finirà..." (Tutto a posto)
C'era in lui, ben presente, il con-cetto di eternità, di qualcosa di oltre:
"Gira la falce che taglia le spighe, girano le note sopra le righe, girano le foglie nel cielo d'inverno, gira il concetto di vero in eterno…" (Gira)
E quindi il desiderio di vedere se "dall'altra parte" è veramente come l'istinto ci dice: "Tu che conosci il mare, portami via con te, dove la gente veste solo del suoi colori. Tu che conosci il mare e il vento suo padrone, riempi quella vela e rompi quelle onde…" (Gli aironi neri)
Senza però togliere importanza alla vita presente. Noi viviamo per ciò che diamo agli altri, per ciò che lasciamo. Per questo Augusto dedicò una canzone a Chico Mendez (una sua frase apre l'articolo "Earthrise" nel Be Bop 57), leader sindacale dei lavoratori della foresta brasiliana, assassinato il 22 dicembre 1988:
"I signori della morte hanno detto si, l'albero più bello è stato abbattuto, i signori della morte non vogliono capire, non si uccide la vita, la memo-ria resta. Così l'albero cadendo ha sparso i suoi semi e in ogni angolo del mondo nasceranno foreste... Non ci sarà mai pace, mai vero amore, finché l'uomo non imparerà a rispettare la vita. Per questo l'albero abbattuto non é caduto invano, cresceranno foreste e una nuova idea dell'uomo...," (Ricordati di Chico)
Questa era una delle frasi che avrei voluto mettere in copertina per ricordare lo stesso Augusto, perché anche lui, cadendo, ha sparso i suoi semi. Lo vedo nelle tante lettere che mi stanno arrivando. di ragazzi che vogliono ringraziarlo, più che ricordarlo. Chissà, forse nel prossimo numero ne pubblicherò qualcuna, e ci sarà un altro articolo, tutto vostro, per ringraziare Augusto, che nel frattempo ha rotto tutti quegli ormeggi che lo tenevano imprigionato in questa terra:
"Hai staccato il tuo segnale che ti legava alla terra. Ti sei levato dalla rotta dell'astronave guida…" (Gordon)
Qual è stata l'ultima volta che ho visto Augusto? A Casalromano, nel raduno annuale dei fan dei Nomadi... o a Roma durante le registrazioni di "Stasera Beatles", dove Augusto, silenzioso in un angolo degli studi, aveva approvato la mia arrabbiatura con i Litfiba, quando li avevo cacciati dallo studio tacciandoli di razzismo e op-portunismo? No, non ho rammarichi per non aver fatto in tempo a fargli un articolo sul Be Bop, come promesso nella risposta alla lettera che ricordava la morte dell'altro "nomade" Dante, pubblicata sul Be Bop 55. No, non ho rimpianti, neppure di averlo visto solo quando ormai lui non era più nel suo corpo. No, tutte le volte che ci siamo incontrati avremmo potuto mettere un "punto" al nostro rapporto. Non c'erano problemi di comunicazione fra di noi. Ripensandoci, forse erano due anni che non ci vedevamo, però é come se fosse ieri.
Avevamo tante cose in comune, compreso un legame "strano" con i cavalli, forse dovuto alle nostre vite precedenti. Io sapevo che lui c'era, lui sapeva che io ero a disposizione. So che ogni tanto nei concerti mi eleggeva come unico suo amico nei "media". Quindi non mi dispiace neppure di non avergli mai fatto una di quelle belle interviste lunghe e approfondite. Non ce n'era bisogno.
lo so. Molte sue cose mi "appartenevano" e quindi non c'era bisogno che me le raccontasse. Così ho deciso di stampare un paio di brevi conversazioni che ho avuto con lui davanti alla telecamera. La prima é stata in occasione della Rotonda sul Mare, quella, di tre anni fa che é stata curiosamente replicata la scorsa estate.
Quell'anno ricorreva il ventesimo anniversario di Woodstock e una parte di quella intervista con lui la usai nel megaprogramma notturno che dedicai a quell'evento di tre giorni di pace, amore e musica che concluse gli anni '60. La seconda intervista l'ho presa dallo speciale Be Bop televisivo che dedicai al concerto dei Nomadi di Casalromano.
Il cavallo é sempre stato un punto di riferimento per Augusto. C'é nei suoi quadri e nelle canzoni. Il cavallo é il simbolo della libertà e quelli che lui ha dipinto non hanno mai la sella, non sono mai stati domati. Però non sono liberi, ma sempre legati al-la roccia o alla terra, trattenuti da rami o radici. E' come lo spirito, incatenato dentro al corpo di questa vita. Nomadi, ma alla ricerca di quei pascoli eterni dove non ci sono rocce o rami che ti impediscono di volare.
"Il cavallo capisce che soffrirà, nella ricerca di-sperata di una vera patria sognata. il cavallo capisce che soffrirà... Ha camminato giorni e notti, ha attraversato valli e monti, senza più speranze, senza patria. Il cavallo capisce che morirà. Eroi e vinti, invasi invasori, restano solo i delatori. Anche l'uomo capisce che morirà." (Senza patria)

Milano, Rotonda sul mare, estate 1989

Perché avete accettato di fare "Una rotonda sul mare"?

"Perché tu ci hai telefonato, sei un tipo simpatico, noi abbiamo accettato per te, non per il senso della cosa, questo io dico pubblicamente. Tu rappresenti qualcosa di diverso dal recupero esclusivo di una cosa degli anni '60. Se fosse una cosa così non lo so se avrem-mo accettato." Augusto, quando hai iniziato, pensavi all'importanza che avrebbero avuto le tue canzoni per tanta gente?
"lo non ho mai pensato a cosa potesse servire agli altri quello che noi facevamo; pensavo che quello che stavo facendo fosse utile per me. Poi, a distanza di tempo, si è visto che si è costruita una storia, per alcuni importante; per me lo è sempre stata. Poi è bellissimo sco-prire che per molti altri lo è diven-tata nel tempo, è bellissimo." "Come potete giudicar. Come po-tete condannar. Facciam così perché crediam in ogni cosa che fac-ciam..." (Come potete giudicare)
In quel periodo c'era il rifiuto di essere giudicati e contare per quello che si era. "C'erano delle cose nell'aria ed i musicisti erano i primi ad accorgersi che la gente sentiva qualco-sa Ci sono dei momenti di tensio-ne universale, in tutto il mondo ci sono periodi in cui persone, che possono essere registi, musicisti, scrittori, drammaturghi, sentono l'esigenza di raccontare qualcosa che c'è nell'aria in quel momento lì, e questo li unisce. Non è sempre così, ma negli anni '60/70 c'era uno di quei momenti magici. Oggi c'è più frammentazione, è difficile avere la stessa idea di uno che abita a 1.000 km. di distanza. Oggi è proprio un altro momento storico dove c'è tutto e non c'è niente, non c'è niente e c'è tutto."

Fra le canzoni che tu hai cantato coi Nomadi a quell'epoca, oggi quale senti la più attuale?

"È una domanda che viene fatta spesso, per curiosità, per sapere a quale figlio sei più affezionato. Io non so mai cosa rispondere per-ché sono un progressista decadente, romantico e non sento mai la necessità di dover cantare per forza il tuo presente. Credo che, aldilà di tutte le impostazioni della cultura e del bisogno di andare avanti, ci sia tutta una gamma breve di sentimenti. I sentimenti forti sono tutti identici nel tempo. In ogni generazione, mille anni fa si sentivano le stesse cose che si sentono oggi: la rabbia, l'amore, la tenerezza, la dolcezza, l'odio, l'invidia; tutta questa gamma di sensazioni, colori, emozioni sono identiche in un uomo d'oggi come in un uomo medioevale. Credo che un musicista debba per forza usare le sue frecce in quella direzione. Quando io scrivo un testo, penso di cantare una canzone che è nata sempre attraverso uno di questi sentimenti qua, quindi non è nè attuale, nè futurista, nè del passato; allora tutte le canzoni acquistano un loro valore particolare. Le canzoni sopravvivono ai cantanti, i libri agli scrittori, i film ai registi e questa è la grande magia della cosa quando è fatta bene e con intelligenza. Va oltre al successo dei dischi: puoi vendere, non vendere, puoi essere il primo, l'ultimo, non ha importanza, l'importante e che tu hai avuto l'intuizione, tu hai usato i sentimenti per raccontare una cosa agli altri, tu sei narratore e gli altri devono ascoltarti se tu hai qualcosa da narrare. Noi rubiamo dalla gente e la gente ruba da noi qualcosa, insieme si cammina nel mondo. Quindi tutto quello che abbiamo fatto va bene, era giusto." "E cade la pioggia e cambia ogni cosa; la morte e la vita non cambiano mai. L'inverno é tornato, l'estate é finita; la morte e la vita rimangono uguali. Per fare un uo-mo ci voglion vent'anni, per fare un bimbo un'ora d'amore" (Per fare un uomo) Nelle vostre canzoni parlavate anche d'amore. "Sì, perché l'amore è un senti-mento che ti spinge a fare delle cose, non l'amore inteso solo come messaggio. Spinge a diventare musicisti, scrittori, spinge a voler comunicare con gli altri. Io quando sono arrabbiato ed ho dei problemi non riesco a produrre niente, neanche dei pensieri. Oggi viviamo un tempo di smarrimento." "Tu non ci crederai, ma dove vivo non respiro, il posto é inumano, non stringo mai una mano. Posso vedere quanto é diffidente ogni giorno il sorriso di questa gente, posso sentire la violenza di ogni sera, nelle parole di gente che non c'era. Salutami le stelle della tua città, le sole che io porto nel cuore. Salutami le piazze della tua città, riempile d'amore" (Salutami le stelle)




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