Tratto da "la nazione" 8 ottobre 1992"

DAOLIO / ricordando gli ultimi concerti

QUELLE CHIACCHIERE A LUCI SPENTE

in scena fino all'ultimo per raccontare il suo sogno beat

servizio di Giovanni Ballerini

FIRENZE - "quando ho iniziato avevamo 16 anni era il 66 Da allora abbiamo fatto un lungo cammino e tutto quello che abbiamo imparato oggi appare nei nostri dischi - ricordava Augusto Daolio alla fine dell'ultimo concerto toscano dei nomadi, questa estate a campi bisenzio - in originenon c'era nessun progetto poetico, solo una grande voglia di fare musica, stare fuori la notte e andare a giro per il mondo suonando. In seguito abbiamo capito che fare musica voleva dire avere l'occasione di comunicare. Ci sono poi alcuni valori che sono punti fermi della nostra filosofia di vita, le nostre radici culturali. Vogliamo essere anch egli intepreti del disagio, dei problemi di tutti i giorni. I nostri pezzi parlano in fondo di quello che emoziona anche noi". C'è davvero emozione a ricordare le chiacchierate che nascevano spontaneamente dopo ogni conderto dei nomadi: due tre ore di eseibizione, ma poi la volgiadi spiegare, di raccontare le emozioni che erano alla base di un progetto musicale andato avcanti siono ad oggi. Augusto sempre in prima fila: sul palco a sferzare la folla con l'intensità delle nuove e vecchie canzoni, a dialogare con la platea, poi con gli amici, magari davanti ad un bicchiere di vino. Cera qualcosa fuori dal tempo in quell'impegno, in quella volgia di comunicazione portata all'eccesso. Un figlio dei fiorri non pensa al domani, diceva una celebre canzone del complesso , ma il suono beat dei nomadi è giunto vivo, smagliante sino a noi, proprio grazie alla verve di Augusto Daolio. Una voce lacerante a tratti cupa, sorda, ma sempre affascinante, proprio per la sua unicità. Barba e capelli lunghi. un cespuglio grigio cenere che in qualche modo rendeva più solenne la figura di questo estroso grande vecchio del pop italiano. Un aspetto da lupo di mare, tanta simpatia e comunicativa: fino ad un anno fa non era raro vederlo, alla fine dei concerti inforcare la sua moto, vestito di pelle come tanti suoi fans. Negli ultimi tempi la stanchezza cominciava a farsi sentire e diventare preoccupazione. Ancora un'esibizione dirompente due ore di musica, senza risparmio di energie, ma poi eccolo disteso su un letto di fortuna, per celare la sua privacy di una roulotte, dietro il palco, la sua battaglia contro la malattia. Ci piace ricordarlo cosi, come un guerriero dopo la battaglia, ferito, ma pieno di ottimismo, mentre sorride, ricordando il suo sogno beat


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