TRATTO DA TV SORRISI E CANZONI N.6/2005

MUSICA DALLA VIA EMILIA

Di Andrea Bertuzzi


Siamo nei primi anni 60. Reggio Emilia e Modena sono terre fertili per la nascita di numerosissime band. Una di queste si forma nel ’63, dopo un esordio nelle cantine e nelle balere dell’Emilia: sono i Nomadi, capeggiati da un tal Augusto Daolio.
Negli stessi anni, a Bologna, vive Francesco Guccini, un giovane universitario innamorato del jazz e affascinato dal rock’n’roll che, per diletto (ma soprattutto per pagarsi gli studi), scrive canzoni e suona in alcuni gruppi locali. Trascorre qualche anno. I Nomadi incidono il loro primo 45 giri seguendo la scia del nascente beat. Guccini invece parte per il servizio militare e al suo ritorno si rifiuta di entrare a far parte della neonata Equipe 84 perché vuole laurearsi. Poi, l’incontro: Dodo Veroli, amico e produttore dei Nomadi, lo presenta alla band. Nasce un’intensa collaborazione che dà subito i suoi primi frutti: “ Noi non ci saremo” e “Dio è morto” sono solo i primi successi che Guccini scriverà per il gruppo. Ne seguiranno tanti altri, raccolti poi nel disco “I Nomadi cantano Guccini”, pubblicato dalla Emi nel 1973.
“Dio è morto” venne inizialmente destinata all’Equipe 84. Ma Maurizio Vandelli, leader del gruppo, non la ritenne un pezzo giusto. E’ un brano di protesta che parla senza mezzi termini di corruzione, falsi miti e falsi eroi.
I Nomadi invece se ne innamorano. Per indorare la pillola, sulla copertina del 45 giri aggiungono il verso “Se Dio è morto è per tre giorni/poi risorge”, ma la censura Rai è immediata. In realtà, il testo della canzone è solo apparentemente blasfemo: non celebra, infatti, la morte di Dio, auspica piuttosto una rinascita spirituale: Radio Vaticana decide addirittura di trasmettere il pezzo sulle sue frequenze! E persino papa Paolo VI interviene in favore del brano, definendolo un lodevole esempio di esortazione alla pace. Il dibattito non fa che accrescere la popolarità dei Nomadi, mentre “Dio è morto” diventa un inno generazionale.
Nel 1967 la band pubblica il suo primo album, “Per quando noi non ci saremo” (oggi ricercatissimo dai collezionisti), che contiene molte creazioni gucciniane: Fra queste, “Noi”, “Per fare un uomo”, “Il disgelo” e “Noi non ci saremo”, in cui si immagina un’imminente catastrofe nucleare. Oltre a ricorrere frequentemente alla prima persona plurale, in questo periodo i testi del giovane autore modenese descrivono spesso scenari pessimistici. La negatività, però, non ha mai la meglio e lascia sempre il posto a una speranza di cambiamento. Il sodalizio prosegue anche con “I Nomadi” (’68), secondo capitolo discografico del gruppo. L’album contiene varie cover come “Un figlio dei fiori non pensa al domani”, in cui un testo decisamente hippy s’appoggia alla musica di “Death of a clown” dei Kinks.
Guccini compone per questo progetto “Canzone per un amica” (da lui incisa con il titolo di “In morte di S.F.”), “Ophelia”, con i suoi echi shakespeariani, “Giorno d’estate”, una delle sue prime canzoni non ideologiche, e “Per quando è tardi”. “Le nostre vite si sono incrociate sulle note musicali” dichiarerà Guccini nel 1992, subito dopo la morte di Daolio. “Augusto e Beppe sono sempre stati molto legati alle mie canzoni.Gli sono grato”.

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